New York University- Una lettera per i miei colleghi italiani

Buongiorno,
Come state? Sono Amanda. Spero che ancora vi ricordate di me. So benissimo che ad alcuni di voi non sono state spiegate o chiarite le motivazioni dietro il mio allontanamento dal nostro posto di lavoro. Per questo, vi lascio la prima lettera scritto in cui descrivo la mia esperienza.
Grazie per aver dedicato del tempo a leggerlo.
https://www.instagram.com/a.abena2019/?hl=it
“Per ascoltare clicca qui”
1️⃣🔊👇🏾
http://mixlr.com/flowradio--2/showreel/interview-with-amanda-agyei
2️⃣🔊👇🏾
https://podcasts.apple.com/gb/podcast/when-you-need-a-win/id1324118843?i=1000495205130 (si inizia a 52.34 minuti)
Lavoro alla New York University nel campus di Firenze in Italia, anche se quando leggerai questa lettera le mie dimissioni saranno quasi definitive.
Il posto è stupendo con acri su acri di bellissimo paesaggio verde, ulivi e ville sontuose.
Il loro problema perenne, e sporco segreto di Pulcinella, è che la bellezza è solo superficiale.
Hanno una cultura insidiosa e completamente normalizzata di razzismo, bullismo e silenzio volontario.
Esposta alle intemperie e alla fine del mio legame, avevo bisogno di ripristinare una parvenza di pace nella mia vita.
Dopo essere andata avanti e indietro per mesi, crogiolandomi in episodi depressivi arrivando fino a perdere i miei capelli, ho finalmente deciso che dovevo lasciare la mia posizione dopo poco più di 2 anni.
È stato buffo come sia successo.
Ero in una riunione dell’ufficio via zoom, come unica faccia nera in mezzo a un gruppo di volti bianchi, che erano stati determinanti nella mia caduta emotiva e fisica, scherzando e parlando di qualche problema di lavoro che sarebbe potuto essere un’e-mail. Poi un’onda di chiarezza mi travolse.
Un pensiero chiaro come il giorno è entrato nella mia mente dicendo: “Non devo essere qui”.
Ho inviato un’e-mail alle risorse umane chiedendo quale fosse il periodo di preavviso e, proprio così, avevo iniziato a mettere in moto la mia libertà.
Lavorare per la New York University di Firenze è come avere una relazione violenta/abusiva, di cui ho esperienza. Immagina, che sei innamorato del posto, ti senti necessario, hai un lavoro che è appagante con gli studenti, hai una certa stabilità sul posto di lavoro. L’aria intorno a te è elettrica con nuove idee, studenti dagli occhi brillanti ogni semestre, tutti noi che abbiamo e ci aspettiamo un’esperienza eccitante ma stimolante. La crescita è sempre stata l’intenzione.
Quindi prima che tu te ne accorga, il fastidio è all’ordine del giorno, sei isolato, nervoso, hai paura di parlare per paura di essere abbattuto e ti viene detto che ciò che stai dicendo non è vero.
Nel frattempo, inizi tranquillamente a pianificare la tua uscita.
Il primo anno di bullismo è stato terribile, ma mi sono concentrata sul mio nuovo lavoro, sul mio ruolo per gli studenti e credo, a tutti gli effetti, di essere stata abbastanza brava.
Come Dio vorrebbe, c’erano alcuni membri del personale nel campus che hanno davvero illuminato le mie giornate lì, con cordialità e talvolta facendomi ridere finché non mi sono arresa. Erano la mia protezione.
A poco a poco, però, mentre continuavo a usare la mia voce per sottolineare le azioni razziste del personale, i pregiudizi bianchi e il bullismo aperto, ho iniziato a sentire i miei colleghi bianchi, e i loro complici, rinchiudersi nel silenzio fino a quando ho iniziato lentamente a sentire la gola che si stringeva dalla tossicità di tutto ciò.
È una macchina ben oliata che può strangolarti silenziosamente.
Non ho ascoltato quando gli amici con cui mi sono confidata mi hanno detto di andarmene.
Penso di essere stata grata in un certo senso, ma anche, non volevo che i bulli vincessero.
Mi sono presa un contratto a tempo indeterminato.
Ho pianto quando l’ho firmato, ho pianto quando l’ho celebrato e ho pianto quando sono tornato a casa con esso tra le mani. Rappresentava un riconoscimento di tutta la sofferenza che avevo attraversato per arrivare a quel momento.
Ero felice.
Ma, in realtà, era una palla al piede per il loro perpetuo, e sempre più intenso, sporco segreto, il tutto sotto lo stendardo sempre più cool che è la New York University.
La tossicità di tutto venne fuori quando gli studenti bianchi hanno dichiarato apertamente che avevano “paura degli uomini di colore” e il personale senior non diceva nulla.
Filtra quando riferisco episodi di bullismo e razzismo nei miei confronti da parte di colleghi che vengono rapidamente liquidati come “solo immaturità”.
Lo sento sospeso nell’aria quando riferisco che gli studenti mi raccontano di quanto sia diffuso l’uso dalla parola “N” nel campus da parte degli studenti bianchi, però il mio capo dice “Forse non sanno cosa stanno dicendo?”.
Mi soffoca quando mi è stato detto dal personale senior che “Non è successo”, incidenti per i quali eravamo entrambi presenti o che l’abbia subiti da sola.
Questo Razzismo viene dal favorire qualunque sia il lato bianco della storia quando si tratta della mia lamentela sul loro comportamento inappropriato nei miei confronti.
Deriva dall’esclusione dai progetti, a causa della presunta fragilità di una collega bianca adulta non vuole lavorare con me, sebbene lei e la sua banda siano gli aggressori.
Si percepisce quando si sentono strani commenti feticisti sugli uomini Neri di fronte agli studenti ed il personale, lo senti che è qualcosa di comune.
Ti viene dall’andare alla polizia perché la tua aggretrice usa il suo ragazzo per molestarti tramite messaggi e chiamate.
Ti senti nell’essere aggredita dai tuoi compagni di ufficio, senza un capo che si preoccupi abbastanza da fermare il loro comportamento, perché lei fa lo stesso.
E perché tutto questo?
1. Perché c’è una venerazione simile a un culto per la NYU Florence.
2. Alcuni membri del personale chiariscono che ai loro occhi non sei nessuno e non hai nessuno, dunque adeguarsi diventa un imperativo.
3. un pesce marcisce dalla testa in giù.
L’umiliazione in ufficio è normalizzata.
In una di queste occasioni, durante una riunione in cui mi veniva spiegato, che il mio registro di lavoro sembra di un bambino idiota, con oggetti di scena e tutto il resto, ho abbassato la testa e ho cominciato a piangere.
Ho cercato disperatamente di essere discreta, per quanto si potesse in una stanza piena di colleghi. Alzai lo sguardo per un momento con le lacrime agli occhi e incrociai lo sguardo del mio manager.
Stava sorridendo.
In quel momento, ho capito quanto fosse sadica la cultura del bullismo e del razzismo in quel luogo.
Parlando della loro esperienza di lavoro alla NYU Florence nel comitato Inclusion, Diversity, Belonging and Equity, una studentessa brillante e attenta una volta mi ha detto qualcosa che è rimasto bloccato.
“Solo perché la NYU sfila i corpi neri e marroni nella loro pubblicità, non significa che gli studenti si adegueranno”.
Quella studentessa aveva ragione allora è, lo è ancora adesso, anche se vorrei andare oltre.
Se i problemi sono endemici per l’istituto, non c’è motivo per cui gli studenti dovrebbero conformarsi. Sappiamo tutti chi alla fine se la cavano con queste cose.
Il comportamento razzista e prepotente degli studenti è semplicemente il riflesso dei valori che l’università pratica internamente.
Il loro piccolo sporco segreto è: graffiare appena sotto la superficie, un pochino, e scoprirai dove sono sepolti tutti i loro corpi razzisti prepotenti.
Non sono la prima persona ad avere queste lamentele e non sarò l’ultima.
La loro reputazione è una farsa triste, pericoloso e debilitante.
Onestamente non so come ne sono uscita viva.